Inquinamento sottosuolo Api: due nuovi periti, ieri sopralluogo e "road map" per ulteriori analisi in vasta area della raffineria
di Giampaolo Milzi
In ambiente giudiziario lo hanno definito "il sopralluogo delle svolta", quello iniziato ieri alle 12 e durato alcune ore all'Api di Falconara Marittima. Una svolta riferita alla mega-eco-inchiesta condotta da lunghissimo tempo dal sostituto procuratore della Repubblica Irene Bilotta, che sabato 13 giugno ad Ancona, a Palazzo di Giustizia, aveva ufficialmente conferito un incarico peritale a due nuovi specialisti di grosso calibro, la chimica Lucia Naspi e il geologo Giacomo Maiello, i quali vanno ad affiancare il lavoro già coordinato da mesi e mesi dal principale consulente del pm, l'ing. Gabriele Annovi (uno dei più grandi esperti di petrolchimici, e in particolare profondo conoscitore delle strutture e dei metodi operativi del complesso industriale falconarese). Un'accelerazione, un allargamento della fase investigativa, che è volto a verificare l'ipotesi, considerata probabile dagli inquirenti, di un diffuso inquinamento del sottosuolo sotto lo stabilimento, derivante dalla perdita, per deficit strutturali, di sostanze contaminanti dai fondi dei serbatoi, di diversi serbatoi. Non solo il Tank 61 del diametro di 100mq - protagonista dell'incidente che nell'aprile 2018 determinò la fuoriuscita per giorni dal tetto di esalazioni pestifere - e i due Tk "gemelli", sempre di stoccaggio permanente, il Tk 62 il Tk 58 che si trovano ai lati del 61, ma anche altri, alcuni di dimensioni più piccole, che conterrebbero lavorati e semilavorati di idrocarburi, come bitume, nafta, benzine di vario tipo, forse kerosene. Serbatoi, pare, più a ridosso della strada Statale 16.
Proprio i primi esiti degli esami tecnici - che erano iniziati sotto la supervisione dell'ing. Annovi già nell'ottobre 2019 - e i successivi accertamenti, avevano dimostrato che, probabilmente a causa di deficit strutturali dei fondi delle cisterne 61, 62 e 58 si erano verificate (dopo che già nell'agosto dell'anno scorso i vigili del fuoco avevano segnalato delle "anomalie") infiltrazioni "underground" di idrocarburi e derivati. Verificatesi in un lungo periodo di tempo, ancora da determinare.
Gli specialisti di una ditta avevano praticato ben 240 fori lungo il pavimento cementizio della stradina che separa (circoscrivendoli) il Tk 61 dal suo bacino di contenimento. Nei pertugi erano stati infilati elettrodi che, emettendo impulsi, avevano compito rilievi volumetrici della composizione degli strati di terreno ipogeo. L'esame dei dati raccolti dagli elettrodi, analizzati da un computer, avevano disegnato un primo quadro che preoccupava gli inquirenti data la presenza di liquidi nerastri provenienti dalla cisterna. Quindi l'attivazione di carotaggi di significative porzioni di terriccio per identificare tipo e capacità inquinante delle sostanze oggetto delle perdite della cisterna. Poiché anche l'effettiva tenuta stagna dei due doppi fondi dei Tk 62 e 58 destava sospetti, anche queste due strutture erano state interessate, con ogni probabilità, dallo stesso tipo di sofisticate indagini tramite tomografia assiale e carotaggi ed analisi sub-superficiali.
All'esteso sopralluogo di ieri mattina hanno partecipato il perito Annovi e la sua collega chimica dott.ssa Naspi fresca di incarico, i carabinieri del Noe per la tutela ambientale, una funzionaria dell'Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpam), consulenti e legali dell'Api, l'esperto legale Fabio Amici per conto dell'Associazione consumatori Acu/Marche e l'avvocato Monia Mancini, che tutela gli interessi dell'associazione "Onda Verde" di Falconara e degli oltre 100 cittadini falconaresi che si erano costituiti parte lesa (con l'intenzione, in prospettiva, di assumere il ruolo di parte civile) assieme ad Acu/Marche, nel procedimento penale inizialmente aperto dal pm Bilotta solo per l'ipotesi di inquinamento atmosferico causato dall'incidente al TK 61 dell'aprile di due anni fa.
Il gruppo di stamattina ha iniziato a stilare una sorta di "road map" sulla tempistica degli approfonditi ulteriori accertamenti in programma, che dovrebbero estendersi in un'ampia area del petrolchimico, con numerosi carotaggi, nuove analisi di campioni di terriccio nei pressi di un numero imprecisato di cisterne, controlli sul regolare funzionamento dell'impiantistica di monitoraggio delle acque usate nel sito industriale, indagini fino al livello della falda acquifera, e contro-analisi chimiche di conferma sui risultati di quelle già da tempo attuate dall'Arpam.
In procedimento, va ricordato, è diviso in due filoni principali: il primo, quello legato alla nube inquinante fuoriuscita dal Tk 612 nel 2018, che vede indagati per ipotesi di vari reati ambientali - come gettito pericoloso di cose (aria pregna di micro particelle chimiche tossiche) eco-illeciti colposi, lesioni colpose, per citarne alcune - almeno 16 dipendenti dell'azienda falconarese, tra questi l'amministratore delegato di Api raffineria Giancarlo Cogliati e altri dirigenti (per questo filone all'ing. Annovi era stato affiancato il perito chimico Sergio Cozzuto); il secondo filone, quello in cui viene configurato in via teorica il più grave reato di inquinamento del sottosuolo, vede anch'esso molti indagati, almeno 13, in buona parte coincidenti con quelli del primo, alcuni dei quali hanno ricevuto avvisi di garanzia.
Sabato 13 giugno, la chimica e il geologo che affiancano Annovi, e lo stesso Annovi, si erano visti presentare dal pm una serie di quesiti. Legati ad uno scenario, da verificare - va ribadito - che potrebbe essere allarmante: una vasta area sotto lo stabilimento inquinata, e quindi da bonificare, ancora da circoscrivere, sia per esatta ampiezza che per profondità.