Mostra di ETTORE SORDINI “Paesaggio, una memoria di memoria”. Al Cart di Falconara, presso Palazzo Pergoli dal 14/12 al 31/1


Il paesaggio per Ettore Sordini è stato soprattutto un luogo mentale: un varco percettivo attraverso il quale l'artista ha continuato a investigare sulla soglia estrema del vedere. Fin dagli anni dell'avanguardia milanese — quando con Piero Manzoni e Angelo Verga rivendicava il quadro come "area di libertà", come spazio di invenzione di immagini prime — Sordini ha spinto la pittura verso un'essenzialità segnica, che coincide con il suo grado più alto di densità poetica. In questo orizzonte scaturiscono i differenti cicli dedicati al paesaggio che l'artista stesso definiva una "memoria di memoria": non il ricordo di uno spazio fisico reale, ma la sedimentazione interiore di innumerevoli percezioni, filtrate, decantate e ridotte a un segno minimo, quasi impercettibile. Il paesaggio non è rappresentato; riaffiora come eco, come traccia residuale di ciò che è già trascorso dentro lo sguardo. È un'immagine che non si impone, ma che attende di essere ascoltata nella sua rarefatta apparizione. Le Passeggiate, che in quegli anni sono tra le più vibranti espressioni della pittura concettuale italiana, hanno costituito il centro di questa ricerca dove, come avverte Mazzacchera, "la linea, sulla quale corre l'occhio, da crinale di una montagna, da vetta da scalare, da meta da dover guadagnare si trasforma in un quieto perimetro, o meglio un impalpabile diaframma tra lo spazio, ampio e silenzioso, di chi al di qua s'avvia a camminare verso un bordo dell'ignoto". Sordini si muove su quella soglia estrema con determinazione e misura, scavando nella luminosità del bianco, nell'attrito tra grafite e pastello, in un silenzio visivo che obbliga l'osservatore a un gesto interiore: entrare nell'opera più che guardarla. Negli ultimi anni il ciclo delle Marine ha offerto una nuova, declinazione di questa lunga indagine dedicata al paesaggio. Il mare non è trattato come superficie di una forza in potente movimento, ma come spazio assoluto, immobile, in cui la linea si fa limite e apertura insieme. È l'ultima fase di una ricerca dedicata al segno, che si è dispiegata in vari decenni: la trasformazione del paesaggio in stato mentale, in campo di energia, in distillazione estrema della relazione tra luce, spazio e reminiscenza. Questa mostra intende ricostruire il filo continuo che lega la stagione avanguardista di Sordini alla sua ultima produzione artistica che attiene il paesaggio. Sordini ha perseguito con coerenza una libertà radicale sottraendosi alle mode, difendendo la pittura dal suo annullamento, indagando la capacità di generare immagini prime. In questo senso la sua opera si presenta oggi come una significativa meditazione italiana sul segno, dalla quale discende un paesaggio inteso come condizione dello spirito.
________________________________________________
Ettore Sordini (Milano, 1934 – Fossombrone, 2012)

Ettore Sordini (Milano, 1934 – Cagli, 2012) rappresenta una figura rigorosa e coerente della ricerca pittorica italiana del secondo Novecento incentrata sul segno, capace di innovare e precorrere i tempi. Artista di profonda cultura, si forma nell'ambiente milanese animato dal magistero di Lucio Fontana, frequenta l'Accademia di Brera, lavora nello studio di Cesare Peverelli (dopo l'apprendistato da Malerba della Veneranda Fabbrica del Duomo) e, già nel 1954, viene invitato da Fontana alla Triennale di Milano. I primi lavori, segnati da un nuclearismo inquieto, lo avvicinano alla sensibilità coeva di Piero Manzoni, conosciuto negli anni Cinquanta a Soncino con il quale, poi, diventa sodale nella Milano del Bar Giamaica, posto in quel crocevia di un'avanguardia di respiro europeo. Tra il 1956 e il 1958 Sordini è tra i protagonisti dell'elaborazione teorica dell'avanguardia milanese: firma numerosi manifesti — fra cui Per una zona d'immagini — anticipando temi che diverranno centrali nella nuova concezione dell'opera come spazio di libertà, invenzione e apertura percettiva. Nel 1957 Fontana presenta la mostra Manzoni, Sordini, Verga alla Galleria Pater, riconoscendo nei tre giovani un contributo decisivo alla "giovane pittura". La progressiva distanza dagli esiti più radicali di Manzoni porta Sordini a concentrare la propria ricerca sui valori pittorici essenziali: il segno esile, la sottrazione, la silenziosa tensione tra superficie e profondità. Questa linea trova piena espressione nel 1962 con la fondazione del Gruppo del Cenobio, al fianco di Verga, Ferrari, Vermi, La Pietra e con il poeta Alberto Lùcia formalmente come teorico. Il gruppo elabora un linguaggio purissimo, fondato su un segno ridotto all'osso e su una percezione dilatata dello spazio, che attraverso Sordini entrerà in dialogo ideale con le ricerche romane di Capogrossi, Sanfilippo, Accardi. Dopo lo scioglimento del Cenobio, Sordini si trasferisce a Roma, dove assurge a figura di raccordo tra la scena milanese e quella capitolina, instaurando un lungo sodalizio con Giulio Turcato e mantenendo rapporti attivi con Corrado Cagli. Espone in gallerie di primo piano — tra cui L'Oca, Romero, La Salita — e partecipa a rilevanti rassegne nazionali, tra cui la Biennale di Venezia del 1966. Partecipa, inoltre, alle grandi rassegne nazionali quali Linee della Ricerca Artistica in Italia 1960/1980 allestita nel Palazzo delle Esposizioni del 1981, e l'Esposizione Quadriennale di Roma del 1986. Accanto alla pittura, Sordini sviluppa momenti di ricerca spaziale e geometrica approdando anche alla dimensione tridimensionale monumentale, come nel Monumento ai Martiri della Lotta di Liberazione di Montone (1989) e nelle fontane realizzate a Ravenna (1990). Negli anni la sua opera si concentra su cicli sempre più rarefatti - fino alle ultime Marine - nei qual il paesaggio si trasforma in soglia percettiva, "memoria di memoria", essenza minima e assoluta di luce e segno. Dal 2000 Sordini stabilisce il proprio atelier a Cagli, dove continua a lavorare in un isolamento fecondo, fedele alla sua idea di pittura come luogo di libertà interiore e di conoscenza. Muore nel 2012, lasciando un corpus coerente e di rara integrità che oggi appare come una delle più lucide interpretazioni italiane del rapporto tra segno, spazio e silenzio.
----------------------------------------------------------------------------------------
Palazzo Pergoli, piazza Mazzini, Falconara. Giorni e orari orari: martedì e giovedì 9,30 - 13,00 / 15,00 - 18,00
mercoledì e venerdì 9,30 - 13,00
sabato 9,30 - 13,00 / 18,00 - 19,30
domenica 10,30 - 12,30 / 18,00 - 19,30
------------------------------------------------------------------------------------------