Seducenti flussi di incoscienza istintiva nel pop-punk-hardcore de I Casini di Shea

30.01.2022

di Giampaolo Milzi

Belli da sentire, ma non certo per i benpensanti-conformisti. Piacevolmente brutti dentro, anche diabolici se vogliamo, perché le corna del diavoletto del rock'n'roll infilzano dal novembre 2019 il loro DNA. Inconcepibili, per chi, pseudo-esperto del mondo musicale giovanile, continua a salire in cattedra sputando sull'immarcescibile motto "punk's not dead". Insomma, fatevene una ragione, questo trio fa punk. Punto... e quasi basta. Perché il punk non è morto: se i gatti hanno 7 vite, questo genere ne ha 777.777, almeno. Certo, vite un po' diverse, siamo nel terzo millennio del resto. Ma una porzione di una di queste vite è alimentata da I Casini di Shea, freschi di cantine e spazi sotterranei, - quelli di Senigallia (AN), la città che li ha vomitati - ma bollenti, nel sound al fulmicotone che sparano a raffica, come lapilli di lava. E il loro Ep "Parco Gonzo" è un esordio davvero col botto nucleare. Ultra recensiti alla grandissima in tante webzine e in genere in siti internet specializzati in band alternative, le tre "scimmie dell'underground italiano" (così, si autodefiniscono) fanno davvero gran "Casini" rumorosi proponendo un po' beffardi "La tua Verità", "Sostanze", "La Primavera ce l'hanno imposto" e "Carlitos" (quest'ultima è una bonus track che hanno deciso di inserire nell'edizione bis di "Parco Gonzo). Piacevolmente brutti dentro, un po' assatanati, va ribadito. In quanto la loro non comune vena compositiva è ispirata da un flusso vorticoso di coscienza, secondo loro, piuttosto di sana e virtuosa incoscienza, secondo chi scrive.

Brutti perché quando sono la pancia, l'inconscio ad eruttare decibel e testi in italiano tra loro perfettamente in osmosi, musica e parole possono anche far paura. Paura a chi è abituato ai soliti cliché becero commerciali. A chi, ipocritamente, finge di non capire che certe perfide allusioni, intolleranze, certi rigurgiti contro tutto e tutti, certi rifiuti di ciò che passa il convento esistenziale, insiti nello stile Shea, una volta staccate le spine degli strumenti, rientrano con pura innocenza post-adolescenziale nelle pance da cui sono arrivati.

Mauro Mariotti (chitarra e voce), Andrea Marcellini (basso) e Simone Buoncompagni (batteria) hanno estrosamente materializzato nel settembre 2020 le quattro tracce di questo mini lavoro discografico, autoprodotto e registrato in presa diretta al Sound Park di Marina di Montemarciano (AN) col formidabile aiuto di Francesco Lenci, e distribuito da "Cabezon Records". E quelle tracce le hanno partorite d'istinto, iper emotivamente, senza starci a pensar su granché su ciò che con esse volevano esprimere. Nessun controllo, né compromessi, punk rock veloce e duro così come viene, e chi s'è visto s'è visto. Naturalmente poco arrangiato e strutturalmente semplice, ma non per questo "lo-fi", di bassa fedeltà. Suonato con ironia provocatoria. Frutto di genio e sregolatezza. Legato ad un nichilismo pro-attivo. Il lavoro creativo primordiale ed iper energetico delle tre scimmie non tende a negare in modo assoluto la realtà, ma ad agire con la musica per, nel contempo, accettarla e irriderne alcuni valori-disvalori. Bisogna suonare per esaltarne uno su tutti, di valore: quello intrinseco dell'esistenza umana individuale e collettiva, senza "cadute" intellettualistiche. Certo, la vita quotidiana è generosa nel cercare di contaminarti con le nevrosi della cultura di massa. E allora, i nostri ci danno sotto spalmando melodia e cori sulla ritmica e le sei corde serrate, se volete come scelta di irriverente, beata difesa reattiva, Le canzoni di questi tre giovani (la band è nata nel 2019) si fanno canticchiare che è un piacere, sono quasi inni dove le litanie e i riff di chitarra elettrica seducono le orecchie e le cortecce cerebrali. Sì, è anche un po' punk-pop, questo. Mixato con hardcore punk. molto accattivante, libero e liberatorio. Anche psichedelico, in una pausa della lunga "La primavera ce l'hanno imposto". Citazioni, influenze, similitudini con altri gruppi più noti? Più Verdena che Afterhours, un bel pizzico di certi Marlene Kuntz. Ma i Casini di Shea fanno venire in mente, soprattutto, certi raduni punk italiani di fine anni '70, così prodighi di spontaneismo e veracità deviante e anarcoide. E, varcando i confini italioti, il pensiero vola soprattutto agli animatori della tentacolare scena "alternative" USA dei primi anni '80 (e decadi seguenti) popolata da band come gli Adolescents, i Butthole Surfers e i mitici Bad Religion (per quanto riguarda l'hardcore punk), i Mudhoney (in riferimento ad accenni grunge).

I Casini di Shea dal 4 dicembre scorso - dopo l'avvicendamento alla batteria, con Luigi Longo che ha sostituito Simone Buoncompagni - hanno ripreso a plasmare e registrare nuovo materiale sonoro.

Speriamo di poter pogare e sgomitare allegramente, al più presto,

durante un loro concerto.

Per ascolti, contatti e approfondimenti: su Facebook "I Casini di Shea" - https://icasinidishea.bandcamp.com - https://linktr.ee/icasinidishea

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