STUDENTI E DOTTORANDI CONTRO LA MERCIFICAZIONE DEI TITOLI DI STUDIO

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota stampa
"Come Gulliver UDU Ancona, UDU Urbino,
Officina Universitaria, ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in
Italia e ADI Macerata, ci opponiamo con estrema fermezza all'apertura di corsi
di laurea nel territorio marchigiano da parte dell'università privata Link
Campus University, ateneo for profit già noto per il suo modello "ibrido" che
bypassa attraverso cavilli normativi le regole previste per le università
telematiche.
Si tratta dell'ennesimo attacco al sistema universitario pubblico regionale a
vantaggio di realtà orientate al profitto, che calpestano il diritto allo
studio e il principio di una formazione accessibile a tutti.
A rendere possibile questo ingresso la decisione del Ministero di rendere non
vincolante il parere della CRUM (Conferenza Regionale Universitaria delle
Marche) per l'apertura di nuovi corsi sul territorio regionale, un mossa
calcolata nei minimi dettagli per svuotare il ruolo delle università pubbliche
locali, incapaci di opporsi efficacemente. L'ombra della politica nazionale è
sempre più evidente, con tempistiche che coincidono con le elezioni regionali e
pressioni esplicite da parlamentari del destra-centro come Castelli e Carloni,
fedelissimi del governatore Acquaroli.
Ancora una volta, mentre il diritto allo studio è messo sotto attacco da tagli
sistematici ai finanziamenti – vedasi il recente taglio di oltre mezzo miliardo
di euro dal Fondo di Finanziamento Ordinario, che ha già indebolito numerosi
atenei, special modo della nostra regione, comportando tagli alla ricerca e al
numero delle borse di dottorato, – l'arrivo di atenei for profit e telematici
viene agevolato, aggravando una situazione critica.
Mentre il fine ultimo degli atenei pubblici è la formazione, quello di
atenei-azienda come la Link Campus University è il profitto, perseguito
attraverso un modello di business basato sulla "vendita" di titoli di
studio e orientato alla mercificazione della formazione superiore e della
ricerca, a scapito della qualità e dei principi di libertà didattica e di
ricerca.
La percezione dei titoli come beni di consumo si traduce in una competizione
distorta: gli stessi atenei pubblici, per far fronte alla crescente popolarità
di queste università, aprono corsi con alta percentuale di didattica a
distanza, svalutando l'offerta formativa tradizionale. Un'istruzione
universitaria di qualità deve riaffermare la centralità della didattica in
presenza, integrata da strumenti innovativi, non sostituita da essi.
La politica nazionale e locale deve assumersi le sue responsabilità e
intervenire con investimenti massicci negli atenei pubblici regionali.
Basta con scelte ambigue e compromessi al ribasso: servono risorse ingenti per
garantire una ricerca libera e di eccellenza, un diritto allo studio reale e un
sistema universitario basato sulla qualità e sull'accessibilità, non sul
profitto di alcuni enti. È il momento di decidere: o si difende il futuro
dell'università pubblica o si sceglie di svenderlo in favore di interessi
privati.
Noi sappiamo da che parte stare".
