Torna la Madonna con Gesù Bambino a Palazzo Jona. Dopo quasi 30 anni ricollocata sulla facciata di corso Mazzini
di Giampaolo Milzi
ANCONA - "Ma è un miracolo?", "Ho le allucinazioni"? Chissà, qualcuno si sarà preoccupato nel vedere quella Madonna col Bambin Gesù, dove il neonato messia sembra fare un cenno di saluto ai passanti e la Vergine che pare benedirli con lo sguardo. In realtà di un mezzo miracolo si tratta, ma laicissimo: dopo quasi 30 anni nell'artistica edicola posta fra due finestroni del nobile palazzo noto oggi come Jona-Millo è tornata quell'opera sacra per tantissimo tempo data per dispersa. Siamo in fondo a corso Mazzini, di fronte all'ultimo edifico sul lato destro. Una vicenda a lieto fine, sofferta, in parte rocambolesca, iniziata ufficialmente nel 2014 con un'inchiesta del nostro mensile Urlo (ma qualcuno la sapeva lunga già da prima....) e col lieto fine dell'attesissima ricollocazione del quadro d'inizio '800 nella sua sede originaria il pomeriggio del 20 gennaio scorso. La legge c'è l'ha fatta ad imporsi, restituendo alla pubblica visibilità un dipinto che, pur non essendo un capolavoro, è frutto di mano esperta ed è parte della storia di Ancona. Ciò dopo un lunghissimo e intricato itinerario che ha coinvolto varie Soprintendenze, i carabinieri, la Magistratura (due i fascicoli d'indagine aperti sul caso della "sparizione") e il condominio dell'elegante palazzo. Palazzo che ospita lo studio dell'avvocato Gabrio Rinaldi e la sede della "Titanica" srl di cui Rinaldi è rappresentate legale. Lui di quell'opera sapeva tutto o quasi, se n'era innamorato. Tanto da impossessarsene probabilmente già negli anni '90, e - impropriamente secondo le fondate ipotesi degli inquirenti - e renderla la "perla" di un piccolo angolo votivo nel locale del suo ufficio e di quello della "Titanica". Fino a quando - e siamo all'epilogo - è passata nelle mani di Francesco Mafferi, restauratore di mobili e portoni molto attivo in città. Il quale, intorno alle 17, dopo rilievi e misurazioni nei giorni precedenti, ha riposizionato quella "perla religiosa" nella citata edicola.
Ma facciamo dei passi indietro. Sette anni fa, come già scritto, dopo lunghe ricerche e investigazioni, l'Urlo Indiana Jones Team (una sezione speciale di Urlo) era riuscito a chiarire gli aspetti salienti, pubblicando una pagina speciale, di quello che era un vero giallo, scoprendo che il quadro era stato "privatizzato" dall'avvocato Rinaldi. Quando? Moltissimi anni fa, prima che la "Titanica", su concessione edilizia del 1999, acquistasse Palazzo Jona e ne provvedesse alla completa ristrutturazione (conclusasi nel 2003) per poi, via via vendere o affittarne gli appartamenti a nuovi coinquilini. La ristrutturazione era stata già intrapresa, ma interrotta, intorno alla metà deli anni '80 da un precedente privato proprietario. Sarebbe stato questi quindi, forse nel 1988, a prelevare il quadro dall'edicola della facciata, per poi cederlo col palazzo alla "Titanica". Ma da quell'edicola, appositamente progettata, non si sarebbe dovuto muovere, perché nel 1856 lì aveva voluto che ornasse l'edificio - all'epoca suo - il committente dell'opera, il marchese Pietro Bourbon del Monte. E, tornando al terzo millennio, non si sarebbe dovuto muovere perché il monumentale edificio era stato da un bel pezzo tutto vincolato - opere, affreschi interni e arredi compresi - dall'allora Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici Ancona. Da qui le due, successive, inchieste della procura della Repubblica. Con la seconda che ha accertato la violazione dell'art.169 del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio approvato con decreto legislativo n° 42 il 22 gennaio 2004. Il reato ipotizzato? La rimozione di un bene culturale senza l'autorizzazione della Soprintendenza (da alcuni anni unica) delle Marche. Ma non è noto se, vista la felice soluzione, il caso e la posizione di Rinaldi siano stati archiviati, com'è probabile.
Vero, la felice soluzione, ma perché così tardiva? Anche considerando il costo, pari a meno di 1000 euro? Già prima del 2014, almeno dal 2012, l'agenzia immobiliare "Cimarelli", che amministra il condominio "Jona", rivolgendosi alle autorità competenti aveva ingaggiato un braccio di ferro con la "Titanica" e "Rinaldi" proprio per ottenere uno spostamento e una risistemazione dell'opera in modo che potesse essere goduta (come moltissimi altri beni di alto pregio nell'edificio) dagli altri residenti e dai cittadini ogni martedì mattina tra le 9,30 e le 12,30. Come prevede una convenzione stipulata nel 2003 tra la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Urbino e la "Titanica". Ma l'avvocato Rinaldi, convintissimo delle sue ragioni, aveva in sostanza sempre risposto picche, salvo un'isolata, cauta apertura alle richieste dell'amministrazione condominiale. Così come negli anni successivi Rinaldi, pur dichiarandosi formalmente "collaborativo" si era rifiutato di fatto di attuare le disposizioni ricevute più volte per la cessione del dipinto dalle Soprintendenze, sia quella di Urbino sia quella di Ancona. Da qui la svolta determinante, col sequestro dell'oggetto della contesa disposto dal pm Paolo Gubinelli nel 2016 ed eseguito negli uffici di Rinaldi dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Ntpc). Al che si pensava: siamo a un passo dal ritorno del dipinto all'esterno del palazzo. No. Altre lungaggini. Nonostante i diversi solleciti, chiarimenti, l'impegno comune del pm, delle Soprintendenze - per quella di Ancona, lo storico dell'arte Pierluigi Moriconi - e del comandante dell'Ntpc Carmelo Grasso . Lungaggini dovute non tanto alla burocrazia, ma soprattutto alla lentezza con cui l'Amministrazione condominiale "Cimarelli" procedeva nel concretizzare il ritorno della Madonna col Bambino nell'edicola. Nell'agosto scorso, quindi, la decisione del pm Gubinelli: nulla osta esclusivo alla Soprintendenza di Ancona per gestire e chiudere il caso. E così è stato, sebbene si son dovuti attendere altri 5 mesi. La "Cimarelli" ha ingaggiato l'esperto Maffei (che dovrà retribuire) il quale ha fatto le cose a regola d'arte. Facilitato dal fatto - e questo va riconosciuto a Rinaldi - che il quadro l'aveva consegnato ai carabinieri in perfetto stato di conservazione, in quanto proprio la "Titanica" se ne era sempre presa cura. Ai tempi in cui era esposto all'esterno si era molto deteriorato, e la società ne aveva affidato un perfetto restauro allo specialista Bruno Vittorini di Urbino. L'anconetano Maffei, per proteggere il dipinto dalle intemperie, gli ha sovrapposto uno speciale pannello in plexigas, spesso appena 8 mm, robustissimo e più trasparente del vetro.